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Personal trainer, un allenatore o un compagno di allenamento?

Il personal trainer è una figura sempre più presente nel mondo del fitness. Al personal trainer si rivolgono persone di ogni genere, età e morfologia per migliorare la propria forma fisica.

Ma chi è, o chi dovrebbe essere, il Personal Trainer?

Prima dello scatenarsi di polemiche: si sottende un “secondo me”…non sono così presuntuoso da ritenermi il portatore del verbo (ma abbastanza da ritenere di avere ragione :-) ) Partiamo da una semplice analisi dei termini Personal Trainer :

  • Personal: personale, che non vuol dire solo dedicato interamente a te, ma anche in grado di elaborare un programma che sia adatto alle proprie caratteristiche e obiettivi

  • Trainer: allenatore, colui che allena, cioè che rende adatto ad una capacità motoria (che sia finalizzata ad una competizione o meno).

Quindi, unendo i concetti: il Personal Trainer colui che allena una persona (un cliente, ricordiamocelo) definendo un percorso specifico che si evolva in relazione ai progressi motori e allo sviluppo biologico.

Non solo quindi si dovrebbe essere in grado di individuare un allenamento specifico, ma l’allenamento dovrebbe evolversi, sulla base dei progressi fatti; da un punto di vista ideale un supporto perfetto dovrebbe portare il cliente ad essere in grado di allenarsi da solo.

Quali sono le basi per individuare il percorso di allenamento migliore per ciascuno?

Innanzitutto gli obiettivi: si lavora per il cliente, se la sua esigenza e migliorare la mobilità non ha senso costringerlo a lavorare ore con i pesi (a meno che quella non sia l’unica cosa che si sappia fare…). Gli obiettivi possono essere molteplici, o comunque espresso in modo non intellegibile (alle volte ad esempio si parte da un obiettivo estetico), sta al professionista tradurrli in obiettivi misurabili.

Il secondo aspetto, che mira a circoscrivere l’allenamento a ciò che è sicuro per il cliente, è il suo stato di salute: un personal trainer deve essere in grado di analizzare il livello di rischio associato all'attività sportiva in relazione alle condizioni fisiche del cliente (esistono protocolli consolidati per misurare il livello di rischio in funzione di abitudini e forma fisica, e decidere se sia necessario l’invio preventivo ad un medico). Inoltre è fondamentale essere in grado di valutare l’anamnesi del cliente per capire quali siano le prescrizioni per gli esercizi che devono essere applicate (si può far fare uno stacco senza aver prima verificato l’esistenza di patologie a livello lombare? No, direte voi, eppure capita abbastanza di frequente…)

In ultimo, rilevare lo stato di allenamento del cliente completa la valutazione, permettendo di definire un allenamento alla sua portata. Tale ultima valutazione dovrebbe essere fatta individuando i test più adatti allo situazione del cliente e alla tipologia di allenamento che si intende fare (effettuare un test di corsa per valutare un soggetto il cui obiettivo è la crescita muscolare non è la scelta migliore).

E l’alimentazione?


L’alimentazione lasciamola ai professionisti della materia (quelli veri, però…). Consigliare le persone sulle regole generali di una buona alimentazione va bene, diffondere ciò che la scienza ha scoperto anche, ma definire un programma alimentare personalizzato no. Per allenare servono (o servirebbero) competenze specifiche, e lo stesso vale per l’alimentazione. In aggiunta, mentre in ambito sportivo sfortunatamente c’è un vuoto legislativo che permette a chiunque di esercitare, camuffarsi da esperto della nutrizione è (per fortuna) un reato.

Concludendo, se pagate per un personal trainer pretendete un personal trainer, se cercate un nutrizionista non lo cercate in palestra.

Se poi volete pagare per qualcuno che vi fa compagnia mentre vi allenate, i soldi sono i vostri….;-)




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